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Articolo repubblica su Alì


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Alì, primo avvocato di colore a Palermo 'In tribunale mi scambiano per un detenuto'

ALL' UFFICIO immigrazione della Questura lo scambiano per un extracomunitario in attesa di informazioni sul permesso di soggiorno. Al Tribunale gli chiedono di mostrare il tesserino. E l' ultima volta che è andato in Procura per consultare un fascicolo, il cancelliere gli ha chiesto se per caso fosse lui l' imputato in questione. Alì Listì Maman, 29 anni, originario del Niger, ma a tutti gli effetti cittadino italiano visto che era un bambino di sette anni quandoè stato adottato da madre milanese e da padre corleonese, ha appena completato il praticantato nello studio legale di Giorgio Bisagna e a dicembre sosterrà gli esami per diventare avvocato. Il primo a Palermo dalla pelle nera. Listì Maman ha le idee molto chiare. Per lui, fare l' avvocato «non è una semplice professione, ma un modo per aiutare gli altri». E vuole lavorare a Palermo, dove è cresciuto, perché nonostante tutto, è una città «solidale con gli stranieri». «Per tanti - dice - è ancora strano vedere un avvocato di colore. Ma presto, mi auguro, con tutti questi ragazzi di seconda generazione ce ne saranno tanti e non solo di origine africana. Mi voglio occupare di migranti, perché non dimentico le mie origini. Già adesso, in studio, mi confronto con tanti cittadini di origine straniera che mi vedono come una persona più vicina a loro, più amica. Hanno bisogno di aiuto. Spero di diventare un bravo avvocato penalista, specializzato in diritto dell' immigrazione». E intanto, ogni giorno, è un' avventura da raccontare con tutti gli AVVOCATO E ARBITRO Alì Listì Maman ha concluso il praticantato per diventare avvocato. Originario del Niger, dopo l' adozione, è cresciuto a Palermo come cittadino italiano. Il suo sogno è diventare un bravo penalista. Nel tempo libero fa l' arbitro di calcio strani episodi che gli accadono quando si confronta con i colleghi, con le forze dell' ordine e con il personale dei vari uffici. Una volta, per esempio, la polizia stradale insieme alla patente e al libretto della macchina, gli ha chiesto anche di mostrare il permesso di soggiorno. E al Tribunale di Termini Imerese, un collega nel corso di un' udienza, lo ha scambiato per un marocchino latitante. «Mi ricordo - dice - che anche quando facevo l' università capitavano degli episodi molto pesanti. Una volta, un professore mi chiese cosa ci facevo lì. Risposi che dovevo sostenere l' interrogazione e lui rimase stupito. Ero l' unico studente di colore». L' impegno contro le discriminazioni lo mette nel lavoro di ogni giorno, ma anche nello sport. Anche come arbitro di calcio. Non ha mai conosciuto i suoi genitori di origine, maè cresciuto, insieme al fratello poco più grande di lui, in una famiglia che gli ha insegnato l' amore per il prossimo. «Mio padre - dice - con la sua associazione faceva il missionario in Niger, così mi ha adottato con mio fratello. Una scelta coraggiosa visto che i miei avevano già due figli e significava ricominciare da capo con altri due bambini. Sono cresciutoe ho studiatoa Palermo, sono cittadino italiano e per questo credo che lo ius soli sia una cosa giusta anche se deve essere regolamentato». Sono tante le cause che ha cominciato a seguire: «Mi sono occupato - dice - di un cittadino straniero che era fuggito dal suo Paese di origine perché gli avevano sterminato la famiglia. E aveva avuto il decreto di espulsione. Per tanti come lui il mio lavoro ha un senso».

CLAUDIA BRUNETTO

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